Pastrengo Agenzia Letteraria

Monthly Archives: Dicembre 2024


carla bellavia racconto

la mano rossa

Un racconto di Carla Bellavia
Numero di battute: 2468

Mia madre si è messa in testa di doverci alleggerire il compito per quando lei e mio padre non ci saranno più, e ha deciso di iniziare a svuotare casa partendo dalla libreria di papà.

Sospetto di aver contribuito a questa decisione l’ultima volta che sono stata a casa loro per uno dei nostri pranzi familiari estesi, che le danno modo di fare quello che lei con una nota di soddisfazione chiama “la cacciata”, ovvero tirare fuori dagli armadi il servizio da diciotto di porcellana ottocento filigranato in oro e la parure di calici di cristallo. Quattro bicchieri per coperto: acqua, vino bianco, vino rosso e rosolio di fine pasto. Ma chi lo beve più il rosolio?

Mentre la aiutavo ad apparecchiare ho osservato ad alta voce che tutta questa roba, bellissima per carità, non entrerà mai negli striminziti armadi di casa mia. Pochi e invisibili. Li ho voluti così e mia madre non se ne fa una ragione.

«Ma chi lo beve più il rosolio?»

Era più attenta di quanto pensassi perché qualche giorno dopo mio padre mi ha chiesto di accompagnarlo dal filatelico per ottenere una stima della sua collezione di francobolli. Queste cose non interessano più nessuno, mi ha detto. Sono andata con lui e mentre era lì che parlava con il tizio di Bolaffi non ho potuto fare a meno di pensare che sì, dei francobolli non frega più niente a nessuno, però io lo cos’è un Gronchi rosa perché mio padre ce l’aveva e quando ero piccola ne andavo pure orgogliosa. Anche se il Gronchi fu venduto anni fa per saldare il mutuo della casa al mare, il filatelico che tirava sul prezzo della collezione mi è stato subito sulle palle.

Ieri sera sono tornata da loro e mi sono affacciata nello studio. Un paio di grossi scatoloni aperti tradivano che l’opera di smontamento andava avanti. Ho sbirciato il contenuto. La mano rossa, l’albo numero uno della saga di Tex Willer, stava lì, in cima alle file ordinate di fumetti imbustati singolarmente in foderine di plastica lucide e croccanti. Pronti a essere liquidati.

Ho preso il fumetto in mano, la bustina trasparente luccicava sotto la luce calda del lampadario. Tex Willer in camicia rossa e pantaloni verdi, immortalato nell’attimo in cui si lancia sul perfido messicano. Dietro di loro, un sole infocato nel cielo blu. La bustina protettiva era lucida e intatta. Come appena sostituita.

Non sono riuscita a trattenermi. Ho preso La mano rossa e li ho raggiunti in salotto pronta a dare battaglia. E a negoziare con mio marito l’acquisto di una nuova libreria per casa nostra.

Carla B&W rettangolare

Carla Bellavia (1969) vive a Roma. Nella vita fa la moglie. la madre, la figlia, l'amica, la manager, l'autista, il personal coach e svariati altri mestieri. A cinquanta anni, dopo una lunga pausa, ha ricominciato a scrivere, per inquietudine. E non riesce a smettere.

Racconto Sarah Calzolaro

unaltra stagione

Un racconto di Sarah Calzolaro
Numero di battute: 2432

Nevicava fitto. Ci fermammo in una piccola conca a una cinquantina di metri dalla porta di casa. A parte il quieto sciabordare delle onde sulla riva, si sentiva solo il fischiettio di papà che, di tanto in tanto, scostava una ciocca indisciplinata dalle tempie di mamma. Lei era sempre stata tutta impeto e furore, e questa sua immagine beata, profondamente connessa alle frequenze del mare mentre si lasciava imbiancare dai fiocchi di neve, mi disorientava.

Mi ero separato da mia moglie venti giorni prima, e mi ritrovavo come un adolescente, a passare le vacanze da mamma e papà. Solo che loro erano diventati nonni e al posto dei nipotini c’ero io, in pigiama e calzettoni, sdraiato sul divano, con il dito incollato al telecomando.

«Carlo ti avrà chiamato quattro volte, perché non vai?» disse mia madre con uno sguardo pieno di compassione.

«Non stasera. Lo richiamo domani» tagliai corto. Non ne volevo sapere di veglioni e musica fino alle ore piccole.

«Non stasera.
Lo richiamo domani.»

Il cane zampettava eccitato da una parte all’altra della stanza, col collare in bocca.
«Incredibile. C’è la neve che cade sulle dune…»
Mamma prese il guinzaglio e il bastone, arrotolò la sciarpa intorno al collo di papà e mi diede tre minuti per raggiungerli in spiaggia.
Misi il cappotto e gli scarponi sopra al pigiama, accesi una sigaretta e li seguii.

A un certo punto lui, curvo come una canna di bambù stormita dal vento, le porse la mano e improvvisò una danza aggraziata. Le loro figure roteavano mute, come guidate da una musica che non potevo ascoltare, i loro corpi ristretti dagli anni sprofondavano nel candore di un paesaggio lunare.

A me, quello scenario marino non diceva niente di nuovo: era uguale a sé stesso da quarant’anni, anzi, decisamente angosciante sotto a quella nevicata, eppure i miei genitori erano lì a contemplarlo come il quadro d’autore di un’altra sorprendente stagione.

Cosa avevo combinato in tutto questo tempo? La casa a Milano, la fila per andare al lavoro, la corsa per arrivare in palestra, il tapis roulant, l’aperitivo, la fila per tornare a casa, la sveglia. Ripeti.

Non sapevo che fine avesse fatto tutto quel tempo e neanche cosa fosse rimasto a testimoniarne il passaggio. Invece per loro non era così, era come se il tempo avanzasse nei solchi delle loro fronti e poi, in maniera esattamente inversa, tornasse indietro a quando sperimentavano il mondo, con il loro sguardo placido e sognante: lo sguardo di chi ha un avvenire davanti.

Sarah Calzolaro

Sarah Calzolaro è un’autrice-illustratrice appassionata di culture orientali. Dopo la laurea in lingue e civiltà orientali, soggiorna per un anno in Giappone, dove insegna italiano. In Italia, prosegue la carriera come insegnante di lingue straniere e dal 2019 ricopre il ruolo di dirigente scolastico in Toscana, dedicandosi alla scrittura e all’illustrazione.

andrea consonni racconto 3

teste

Un racconto di Andrea Consonni
Numero di battute: 1882

La puzza dei clienti mi resta addosso per ore, giorni, mesi. Mi basta parlargli per trenta secondi per sentirmi avvolto dall’hamburger che hanno mangiato mezz’ora prima. Travolto tal sudore che gli cola dagli occhi dopo un pomeriggio in palestra. Dall’odore di bambini che esala dalle sale alla fine di una proiezione. Posso lavarmi quanto voglio quando torno a casa ma la loro puzza mi resta incollata addosso come una patina di olio bruciato. Consumo inutilmente flaconi su flaconi di shampoo, detergenti, confezioni di saponette, dentifrici per ripulirmi da tutto questo schifo.

L’altra mattina mentre mi facevo la barba la mia pelle puzzava dello sguardo della tizia che mi aveva chiesto perché non possiamo aprire prima la domenica. A colazione i biscotti sapevano del deodorante del tizio che un venerdì mattina era venuto a rompere i coglioni per il cellulare che suo figlio aveva perso in sala.

«Emma mi riconosce solo se prima faccio due docce.»

Emma mi riconosce solo se prima faccio due docce. Si lamenta. Miagola incessantemente davanti a quello che per lei è solo uno sconosciuto. Cerco di spiegarle come vanno le cose da un po’ di tempo a questa parte ma lei vorrebbe solo che tornassi a sdraiarmi sul divano insieme a lei leggendole Il dottor Zivago e grattandole le guance senza portare a casa tutta questa puzza di merda.

Stasera quando sono rientrato l’ho trovata sdraiata nella vasca sopra a un paio di mutande e alla giacca del matrimonio. Dormiva. Ha sbadigliato quando mi sono avvicinato a lei. Mi sono seduto sul bordo della vasca, le ho offerto la testa di un uccellino e le ho raccontato di un paesino in una valle discosta dove vorrei portarla a vivere e le ho promesso che appena potrò non lavorerò più, non preparerò più popcorn, non incontrerò più clienti, e che rimarrò sempre a casa con lei. Lei mi ha guardato, ha mangiato la testa dell’uccellino ed è rimasta in attesa che gliene dessi un’altra.

Consonni Andrea bio

Andrea Consonni (1979) lavora come addetto alle pulizie e preparazione popcorn in un cinema multisala di Lugano.