Un racconto di Bea Meneghetti
Numero di battute: 2497
Tieniti stretti gli amici, ma ancora di più i nemici. Io la nemica ce l’avevo in casa.
Chiara era la mia coinquilina a Bologna, nella casa che papà mi aveva regalato per lasciarmi studiare in pace. Io frequentavo Giurisprudenza, lei Comunicazione-per-qualcosa-di-qualcosa, una di quelle triennali che si prendono anche da bendati. Mi aveva confessato che non passava gli esami e non so come non le avessi riso in faccia. Si era giustificata: lavorava in pizzeria sei sere a settimana ed era troppo stanca per concentrarsi. Le avevo detto che non la giudicavo, ognuno ha i suoi tempi. Più sono stupide e più si ostinano.
Chiara non lavava mai i piatti, spargeva grasse chiazze sui fornelli e schizzava sugo appiccicoso sulle mattonelle. Il lavandino era stracolmo di posate unte e pentole incrostate, mentre il pavimento era sudicio di impronte. Il fetore di fumo aleggiava in una nube soffocante, mi s’incollava ai vestiti, mi perseguitava.
«Io la nemica ce l’avevo in casa.»
La spazzatura la gettava quando glielo ordinavo. Nel secchio dell’umido ristagnava una patina viscida, colonia di vermi che infestavano poi le pareti in lente strisciate. A guardarli avevo i conati. Non chiudeva la cucina: la puzza di pesce, cipolla o broccoli si insinuava sotto la mia porta e penetrava nella serratura in aliti persistenti. Macerava le lenzuola e impregnava il cuscino.
Sbottavo, e mi fissava con occhi vuoti. Urlavo, e mi rispondeva okay, scusa, lo farò. Mi prendeva per il culo senza vergogna. Sognavo di spaccarle il naso contro il ripiano di marmo. Mamma si raccomandava di essere paziente, che da contratto non potevamo cacciarla.
Volevo essere ripagata: le mangiavo i biscotti vegani, le rubavo gli assorbenti, le finivo lo shampoo. Pianificavo vendette notturne, disseminando piccoli disagi in punta di piedi. Nelle mie incursioni aprivo cassetti e scatole, guardandomi alle spalle, guidata dalla luce del cellulare. Avevo di nuovo il controllo, avevo un segreto. Desideravo vederla confusa, turbata, incazzata. Non sembrava però accorgersi della mia guerriglia domestica.
Un giorno non trovai le forbici. Cercai ovunque, ma erano sparite. Passai davanti al suo bagno e gettai uno sguardo: eccole, nel bidet. Entrai. Erano coperte di peli. La schifosa. La rabbia sorse come il gas in una Coca shakerata. Il tappo stava per saltare.
Corsi in cucina, spalancai il frigo, afferrai il mio cartone di latte. Tremando, lo versai nella sua bevanda alle mandorle.
La mattina dopo lei era su un’ambulanza e io a scrutare senza fiato il muro.
Bea Meneghetti è una studentessa venticinquenne a cui piace scrivere racconti e arrampicare su roccia.