Pastrengo Agenzia Letteraria

Frighetto Gianandrea

visoni

Un racconto di Gianandrea Frighetto
Numero di battute: 2421

Avevo tredici anni la prima volta che vidi un visone.
Ero con mio cugino, un armadio biondo pannocchia con un sorriso furbesco, e la sua compagnia. Ci aggiravamo tra le campagne dove il dialetto comandava pure sulle vetrine dei negozi.

«Gheto mai fumà?» mi domandò qualcuno.
«Certo» dissi al gruppo. «Philips, Marlboro, Camel» elencai, fregate a ogni sorta di parentela.
«Ma non visoni» commentò il cuginetto.

Aveva due anni in meno, come tutti quelli della banda. Tra le dita teneva un ramoscello striato come una tigre, dal profumo esotico. Un forellino sottile quanto uno stuzzicadenti lo passava parte per parte.

«Gheto mai fumà?»

«No ghi nemo bastanza» se ne uscì quello ribattezzato Carega.
«Ndemo allora» ruggì il cugino, la bici stretta sotto le manone.

Salii con lui, in piedi sul portapacchi. In testa al gruppo zigzagammo tra case diroccate, campi di granoturco, pisciammo sui muri, qualche petardo volò contro la canonica. Maledizioni e parolacce al don e alle sue messe.

Prendemmo un sentiero sterrato che terminò in una fitta boscaglia.
«Di qua» disse il cugino, che mollò la bici e si lanciò armato di bastone.
In mezzo alla selva, un groviglio di liane infestava un vecchio faggio. Il visone sembrava un lungo serpente avvolto sulla preda.

I ragazzi si misero all’opera cercando i rami più secchi. Tastavano e annusavano con le lame pronte. Ogni tanto una fiammella illuminava le loro facce.

Il cugino ne accese uno e poi me lo passò in una nuvola di fumo. Inspirai quell’aroma selvatico, dolce e spigoloso allo stesso tempo.
«Sei dei nostri» disse con un risolino. Parlava in italiano con me.

Intanto dal sentiero era arrivata un’altra compagnia, qualcuno sussurrò che erano quelli di terza. Avevano la mia età eppure sembravano più duri e cattivi.
Volarono parole, qualche culo smutandato al vento, ma nulla più.

Ci rimettemmo in sella e mi spiegarono che i visoni erano terreno di tregua. Un po’ per ciascuno e poi se le sarebbero date fuori da scuola o a calcio.
Il resto del bottino ce lo fumammo strada facendo, fino all’orto di zia. Le caramelle alla menta lavarono via le malefatte, prima dei saluti.

Non tornai più in campagna, non cercai più visoni con mio cugino e la sua banda. Qualche anno dopo smisi pure con le sigarette. Ci sono volte però in cui scendo in cantina e mi siedo sulla vecchia poltrona. Tiro fuori quel primo mozzicone di visone e lo cicco con gli occhi chiusi, in bocca il dolce sapore di poter essere scoperto.

frighetto gianandrea bio

Gianandrea Frighetto nasce a Bassano del Grappa, cresce a Rosà e corre tra le calli veneziane per laurearsi in Economia e Beni Culturali. Lavora in una cartotecnica, legge e scrive da sempre. Qualche racconto è stato pubblicato tra concorsi e riviste. Nel 2022 esce il suo primo romanzo, Santa Kultura (La Ruota) e diventa papà. Ha trent’anni in difetto.