Pastrengo Agenzia Letteraria

racconto Francesca Ranza

carlotta

Un racconto di Francesca Ranza
Numero di battute: 2321

Andavo all’asilo con una bambina, tale Carlotta, che a un certo punto, in circostanze mai chiarite, venne scelta come coprotagonista (con lei c’era un’altra tizia più grande che parlava pure, Carlotta invece faceva solo delle facce) della pubblicità dei Fiammiferini. Quando si rese conto che tutti i suoi compagni l’avevano vista in tv, Carlotta, che era sempre stata una bambina educatissima, perfino timida, iniziò improvvisamente a comportarsi come una specie di Briatore. Si fece fare un permesso per entrare e uscire dall’asilo quando le pareva, cominciò a portare tutto il tempo dei ridicoli occhiali da sole azzurri glitterati e a comandare noialtri a bacchetta.

La cosa che le piaceva fare più di tutte era chiedere a qualcuno di tenere una roba sua in mano mentre lei si sistemava i capelli. Le piaceva così tanto che a volte si appropriava temporaneamente degli oggetti più ingombranti che riusciva a trovare solo per fare questa sua scenetta. Aveva dei ricci bellissimi.

«Aveva dei ricci bellissimi.»

Un giorno vidi Carlotta sollevare un’enorme cesta di vimini piena di chiodini – ginocchia tremanti, guance paonazze, occhi fuori dalle orbite – e, proprio un attimo prima di soccombere, lanciare un urlo, soffocato e spaventoso, al povero Emilio che passava di lì in quel momento. «Reggimi questo! Prendilo subito!» Lui scattò prontamente e le prese quell’affare dalle mani. Lei iniziò a spostarsi i ricci da una parte all’altra della testa, sbuffando lenta, lentissima. Emilio resistette solo per qualche secondo, poi lasciò cadere la cesta che rovinò al suolo insieme ad almeno un miliardo di chiodini. «Sei scemo, Emilio? Raccoglili subito» si lagnò stizzita Carlotta.

Avrei voluto dirle qualcosa, qualcosa tipo “perché ti affanni tanto, Carlotta, tutto questo non ha alcun senso, siamo tutti miserabili allo stesso modo, tutti accomunati dallo stesso tragico destino”. Invece un giorno mi ordinò di tenere in braccio un leone di peluche gigante che puzzava di saliva e io lo feci, senza fiatare, per quattro minuti buoni.

Ci rincontrammo per caso al secondo anno di liceo. Era piena di brufoli, e infatti faceva la pubblicità di una crema contro i brufoli. Per entrambe le cose, si vergognava. «Ti ricordi quella volta del leone?» le chiesi. Ma Carlotta non si ricordava, o almeno mi disse così. Peccato, pensai, era stato bellissimo.

Ranza Francesca bio

Francesca Ranza è nata e cresciuta a Milano. Studia Letterature comparate a Ca’ Foscari e lavora per la rivista letteraria Galápagos.