Pastrengo Agenzia Letteraria

racconto martana

il gorgoglio della terra

Un racconto di Gianfranco Martana
Numero di battute: 2499

Alle 19.34 del 23 novembre 1980 mio padre era a letto, bloccato dal colpo della strega; mia madre in cucina a rassettare; io nel salone col zuppone di latte, davanti alla tivù che trasmetteva la differita della partita. D’un tratto sentii tintinnare la porta-finestra che dava nel giardino e pensai che si fosse alzato il vento; poi vidi il latte agitarsi nella ciotola. Qualcosa mi tremava sotto i piedi, ma non era solo qualcosa, era tutto, e tutto intorno a me. Non era più nemmeno un tremore, ma un ondeggiare e un sobbalzare. “Il treno!” pensai. In paese la stazione non c’era, ma qualche settimana prima mio padre mi aveva detto che presto l’avremmo avuta. Forse quel tempo era venuto e nessuno ci aveva avvisato.

Mio padre! Guardai verso la porta che dava nel corridoio e lo vidi sulla soglia, in vestaglia, in piedi. «Vieni, è il terremoto» disse, con voce assurdamente calma. Gli presi la mano e raggiungemmo mamma, di cui solo ora sentivo le urla.

«Vieni,
è il terremoto.»

Mio padre aveva capito tutto con almeno un minuto di anticipo: era uno con le antenne sensibili. Quando c’era il caffè sul fuoco a un certo punto diceva a mia madre: «Il caffè sta uscendo». «Ma quando mai?» rispondeva lei, ma un attimo dopo potevi già sentire il gorgoglio. Ecco, lui aveva sentito il gorgoglio della terra molto prima di noi.

Uscimmo in strada. Svoltato l’angolo eravamo già in piazza. I lampioni e le nostre povere luminarie di paese erano spenti. Guidati dalla poca luce notturna andammo alla fontana di pietra chiara che si ergeva nel mezzo, lontano dalle case. Altre famiglie affluivano da tutti i lati, come fiumi al mare, precedute da lamenti angosciati. La terra non tremava più, gli uomini sì, di paura e di freddo. Eravamo quasi tutti in pigiama o in vestaglia; qualcuno era riuscito a buttarsi addosso qualcosa di caldo, qualcun altro aveva fatto in tempo ad afferrare una torcia e ora la puntava sugli edifici circostanti per accertarsi dei danni, ora sui compaesani con la stessa intenzione, e ne scandiva i nomi come quando si chiama l’appello.

I telefoni presero a squillare nelle case vuote: erano amici e parenti che chiamavano, appena saputa la notizia dal telegiornale. Nessuno andò a rispondere, e per un po’ restammo zitti e fermi ad ascoltare incantati l’allegro gorgheggio meccanico che quell’anno fu il nostro primo e ultimo concerto di Natale, mentre all’altro capo di quei fili – a Torino, in Belgio, in Germania – i monotoni e interminabili tuuu... tuuu... segnalavano che, forse, eravamo tutti morti.

Martana Gianfranco

Gianfranco Martana è nato a Napoli nel 1971. Cresciuto a Salerno, si è trasferito prima a Brighton e poi a Valencia. È dottore di ricerca in Italianistica. Autore di una quarantina di racconti pubblicati in riviste italiane e spagnole, è stato finalista al Premio Solinas con la sceneggiatura Mammaliturchi! che a breve uscirà in forma di romanzo presso Inknot Edizioni. Il suo primo romanzo è stato Un’opera di bene (Ellera, 2015).