Un racconto di Irene Bonino
Numero di battute: 2391
L’ultimo giorno d’estate il cielo continuava a cambiare forma dietro le persiane mentre un vento metallico alzava le foglie da terra e le gettava contro gli alberi e sulla strada. Tutto quello che fino a poco prima splendeva nel sole adesso era nudo nella luce grigia, le case coi muri vecchi, le macchie di cespugli nella valle, la terra bianca che si ammucchiava contro il cancello.
Da qualche mattina l’aria era fredda e il tramonto si spegneva prima dietro le montagne.
La valigia chiusa accanto alla porta le lasciava il tempo di preparare un caffè – quello per lui lo coprì col piattino della tazza per non farlo raffreddare – e di versare gli occhi sullo schermo del telefono. Cancellò due settimane di fotografie cominciando dalla sua preferita, quella di loro due in Vespa. Lei lo abbracciava da dietro e nel cielo ancora chiaro brillava già una piccola luna bianca.
Ne aveva scattate tante perché le piaceva, in quei pochi giorni, guardarle facendo finta che fosse la sua vera vita: d’altra parte erano le sue foto, e l’uomo che stava facendo la doccia prima di accompagnarla in stazione era stato, in tutte le immagini, accanto a lei, mai più distante di un braccio.
«Tra poco, invece, sarebbe stato lontanissimo.»
Tra poco, invece, sarebbe stato lontanissimo: lui e la sua casa a metà di una collina, la loro piccola confidenza. Così lontano che in certi giorni di novembre, davanti al computer o sulla strada per il supermercato, le sarebbe sembrato vagamente irreale. La storia che aveva inventato per stare via di casa, con i dettagli, le coincidenze e gli aneddoti che la rendevano credibile, sarebbe diventata familiare come le cose ripetute molte volte e, alla fine, abbastanza vera.
Il treno partiva alle dieci e qualcosa, e anche il resto era prevedibile: i saluti fuori dalla stazione, una schiena che si allontana, il peso improvviso della valigia nella mano. Ma, pure dentro quel senso di fine di tutto, sarebbe rimasta una donna composta: avrebbe letto un libro seduta dritta e guardato dal finestrino la campagna che diventava città. In certi momenti il vetro le avrebbe restituito il riflesso della sua faccia e lei l’avrebbe usato per aggiustare l’espressione di chi ha lavorato molto e finalmente torna a casa. Sapeva, mentre finiva il caffè, che sulla banchina avrebbe cercato la testa chiara di suo marito in mezzo alla gente. Stava per cominciare l’autunno, e lei avrebbe preso fiato, e sarebbe scesa sorridendo.
Irene Bonino è nata ad Asti nel 1983 e vive a Milano. Laureata in Giurisprudenza, giornalista, ha collaborato con diverse testate e ora si sta dedicando a un romanzo.
Le piace scrivere da quando ha imparato a farlo.