Un racconto di Claudia Farini
Numero di battute: 2422
Tra i miei ricordi d’infanzia uno, chissà perché, è più vivido di tutti.
Sono nella palestra della scuola, una mattina di vent’anni fa.
Filippo Giusti è l’essere umano meno agile che io abbia mai visto muoversi. E poi ruba.
Quando lo chiamo, si sfila gli occhiali e li consegna alla maestra. Non sorride, non storce la bocca, non è stupito. “Il Sorcio”, così sarà noto da grande in paese, ha nove anni ma ha già capito, come me.
La maestra Mara, invece, è turbata: che sto facendo? Perché farci massacrare tutti così, a mani basse?
Grandi tette ma scarsa immaginazione, la maestra.
Alla sua destra la squadra di Giulio Russo, a sinistra la mia, davanti quelli che devono ancora essere scelti.
Silvia Trulli, slanciata, graziosa, sveglia, mi guarda tra il perplesso e l’annoiato: oggi gli ultimi saranno pure i primi, ma da domani lei riprenderà a mandare indietro i non ti scordar di me che le colgo in cortile, e io a piangere nel bagno.
«Ma oggi è il giorno del riscatto.»
Non fa niente: il suo nome non lo dico. Sono deciso.
Al suo posto prendo Tiberi che trotterella verso di me con i rotoli in subbuglio, eccitata dal suono del suo nome.
Me li guardo, i miei compagni. Non sono tutti amici miei; qualcuno, anzi, non lo posso proprio soffrire. Ma i fenomeni della mia classe non mi sceglierebbero mai, perché io dovrei scegliere loro?
Se la maestra mi ha fatto caposquadra per vedermi vincere una partita di pallavolo che è una, ok, me lo vedrà fare a modo mio.
O più probabilmente mi vedrà perdere ancora, non importa.
I miei compagni guardano me, incerti, un po’ spaesati. Vanni ho paura che stia per pisciarsi addosso anche oggi.
Quasi tutti, però, provano a sorridere e Francesco mi prende sotto braccio.
Ci sono ancora quattro bambini davanti alle file delle due squadre, ad aspettare. Tra di loro una che forse è troppo addirittura per me, perché si lagna e piange, piange…
E poi è lenta. Russo, lo so, non ci pensa nemmeno a chiamarla.
Ma oggi è il giorno del riscatto!
La osservo, sta a me scegliere. La vedo arrossire sotto le luci della palestra che piovono sul biondo platino dei suoi capelli. Si direbbe che sia pietrificata. Mi fa tenerezza.
Siamo abbastanza lontani, ma mi sembra di percepire il suo sguardo scivolare lento da un lato all’altro. Lo faccio: «Sara Santucci!». Grido il suo nome e pure il cognome.
Lei spalanca la bocca, ci scruta stordita uno per uno, l’intera squadra. Poi si volta verso la maestra e arriva il primo singhiozzo. Sta piangendo.
Claudia Farini (1984) è nata nei Castelli Romani, dove vive con uno splendido pesce rosso. Ha studiato Storia dell’arte e per tutta la sua vita ha letto, letto e ancora letto. Da un po’ scrive. Ha collaborato con la rivista Flanerí, ha partecipato al concorso letterario 8x8, in autunno un suo racconto sarà pubblicato da L’inquieto.