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Un racconto di Marta Cai
Numero di battute: 2483

Di scendere dall’auto non aveva voglia, di fare da solo nemmeno. Suonò il clacson.

Eh.
Scendi pa’. Non ce la faccio.
È l’una, arrangiati. Non suonare. Svegli tutti.
Aiutami, dài. È stretto.
Hai bevuto?
Una Coca.
Drogato?
Pa’!
Allora ce la fai. C’è l’Indianapolis.
Ah già. Chi è partito in pole?

Perfino dell’Indianapolis si era dimenticato, d’altronde la situazione era grave sin dal mattino. Figurarsi come arrivò a sera, rotolando da un messaggio a una telefonata, tacendo solo all’ora dei pasti, coinvolgendo persone terze, addirittura Google. Un pallone, non una pista di asfalto era diventata la situazione.

Márquez.
Tsk.
Eh.
Scendi, dài. È stretto. Mengacci ha di nuovo parcheggiato male.
Stai lì.
Dove vai?

«Allora ce la fai.
C’è l’Indianapolis.»

Il telefono vibrò. Se era Alessia, non avrebbe risposto. Magari l’emoji di un bacio gliel’avrebbe ancora concesso, non di più. Basta, lei e suoi capelli biondi, la sua faccia stretta da cavallino buono. Lo aveva prosciugato e lui voleva solo salire in casa. Insisteva la vibrazione. La prima volta aspettò che si stancasse, la seconda afferrò il telefono perché dire no lo affaticava più che dire sì.

Sì?
Sono io, cretino. Sono sul balcone. Metti il vivavoce.
Ti vedo!
Tira su la saracinesca. Chiudi gli specchietti. Manco quello hai fatto.
Fatto.
Vedo, son mica cieco. Adesso retro tutto a destra. Vai vai vai. Bon. Avanti sinistra sinistra. Bon. Troppo. Cazzo.
Cosa? Ho toccato?
Zitto!
Dove, dietro o di fianco?
Vale, è caduto.
No, cazzo. Male?
È in piedi. La moto no però.
Troppi infortuni.
Poi la storia delle tasse. È arrivato pieno di stress. Alle prove una guida tesa, senza tiro. Vabbe’. Retro destra. Piano. Stop. Adesso ti infili come un coltello nel burro. Márquez è in forma. Quest’anno le Honda sono forti.

Pa’?
Oh?
L’Alessia è incinta.
È tuo?
PAPÀ!
Lì sei riuscito a entrare, eh. I suoi lo sanno?
La madre.
Il padre?
Mi ammazza.
Ma va’. Ti trova un posto al concessionario.
Io non so se la amo.
Oh, Vale è ripartito! Recupera, fidati.
Io non sono pronto…
Pronto?
Pronto? Son qua, mi senti?
Pronto nel senso che non vuol dire niente essere pronto! Uno parte, poi vede, Madonna se sei scemo. Chiudi tutto e vieni su, a Márquez gli facciamo un culo così!

Ma sì. Preferiva le moto, però anche le macchine gli piacevano, fin da piccolo. Le metteva in fila e giocava al concessionario. Questo da piccolo. Adesso che era diventato grande aveva fatto un piccolo e poteva avere un concessionario vero. Suo padre lo aspettava sul divano, poverino senza i denti davanti. No, lui i denti li avrebbe curati di più.

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Marta Cai (1980) vive in provincia di Cuneo. Lavora per diversi editori come traduttrice e redattrice, ogni tanto scrive racconti, alcuni sono usciti su inutile.