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la sorella

Un racconto di Annalisa Lombardi e Helena Rizzo
Numero di battute: 2497

Uscii di casa, passai per via San Giovanni in Porta, gli occhi bassi ai basoli scuri e levigati; in alto le immagini dei quarti di bue fuori dalla macelleria, i motori dei condizionatori, i muri sbrecciati e non intonacati. Tagliai sotto Porta San Gennaro e fui subito a via Foria. Dove sei? Maledettissimo pezzo di stella, cadendo hai colpito il mio cuore, lo sai? – Gigi D’Alessio usciva da una delle finestre.

Mamma mi aveva chiesto di andare a prendere Alessia all’aeroporto. 
Recuperai la macchina – le chiavi mi caddero a terra due volte prima di ingarrare la toppa – e andai verso l’Albergo dei Poveri.
Che aveva da fare a Napoli mia sorella?  

«Da quando non viveva più a Napoli, ero sollevata.»

Alessia, la ricercatrice, con gonna e giacca fin dal liceo. Alessia, che mi faceva fare la serva, mentre lei si teneva per sé la parte della signora quando giocavamo al teatro. Quella che alle feste veniva invitata a ballare da tutti i miei compagni, tarchiata, ma con gli occhi magnetici e un caschetto perfetto di capelli lisci. 
Alessia – che al nostro migliore amico chiedeva: chi preferisci, me o mia sorella? – era anche quella con cui mangiavo il gattò di patate di nonna nel lettone, mentre parlavamo fitto fitto dei maschi. Tutto insieme, tutto mischiato. 
Da quando non viveva più a Napoli, ero sollevata. 

Mentre guidavo, accostai con le quattro frecce accese ed entrai in un bar. Chiesi un bicchiere di plastica e poi andai in bagno. Feci pipì nel bicchiere e rimasi a guardare la cartuccia del test di gravidanza per un eterno minuto. Ecco, le linee c’erano. 
Avevo un calore nel petto che si irradiava, e io me lo volevo prendere tutto, quel calore, ma ora dovevo andare da Alessia. 

«Che cazzo!» mi avrebbe detto, «ma sei pazza? Che ti sei presa a fare una laurea, se poi devi stare a casa a fare bambini?»
Il suo odore, dolce e pungente, già lo sentivo e mi nauseava. Il caldo nella macchina mi mangiava la faccia. «Sei arrivata tardi!» già la sentivo, nella mia testa, sbraitare. Girai la macchina e parcheggiai su un marciapiede. Dovevo camminare. 

M’infilai in via Santa Maria di Costantinopoli, poi mi buttai su via Toledo, percorrendola tutta, a passo svelto, in apnea, e di lì arrivai a piazza Plebiscito e giù fino al mare. Sul molo c’era qualcuno sulle sedie di plastica a prendere il sole. 

Sincronizzai il battito con quella lentezza tutt’intorno, ero madida di sudore. Cercai nella borsa un fazzoletto, le chiavi dell’auto caddero ancora per terra. Restai impalata a fissare quella ferraglia d’argento e mi venne voglia di ridere.

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Annalisa Lombardi si è laureata in Lettere Moderne alla Federico II di Napoli e, arrivata a Milano, ha lavorato nell’editoria. Da quando ha quarant’anni lavora nel no profit e scrive. Ha pubblicato un reportage dall’Uganda su Topolino e ha scritto di Pirandello, Kafka, Fenoglio e Saramago per la collana Panoramica Letteratura di Centauria.

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Helena Rizzo si è laureata in Lettere Moderne alla Federico II di Napoli ed è docente di Italiano nella scuola secondaria. In passato ha lavorato nel cinema, per lo più come assistente alla regia, per i film, tra gli altri, di Ruggero Cappuccio (Rien va), Stefano Incerti (Gorbaciof), Giuseppe Gagliardi (Tatanka), Alessandro Piva (I milionari), e si è diplomata alla scuola di sceneggiatura Tracce s.n.c.