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l’uomo senza occhiali

Un racconto di Gioia Conforti
Numero di battute: 2500

Dormire, svegliarsi, dormire ancora, svegliarsi. Dormire troppo, non avere sonno. Dormire poco, avere sonno. Suona la sveglia. Nello specchio si allarga una luce. Dal soffitto cadono stelle. L’uomo senza occhiali cammina per la strada. Ingoia tutto quello che riesce a catturare con lo sguardo. Le sue leccornie preferite portano jeans aderenti. Nessuno dubita della sua integrità. L’uomo senza occhiali sembra un tipo a posto. Lavora in ufficio. Ogni mattina doccia, ogni sera doccia. Nessun lezzo di petrolio, né di whisky o golden virginia.

Mattoni di carboni ardenti, interiora di volatili, inguardabili donne accessoriate di bambini con le ruote. Spazzini, cani che portano fuori i padroni, camion della spesa a domicilio. Per l’uomo senza occhiali ogni passo è oltraggio ai propri piedi. In sogno vive circondato da giovanissime concubine dentro vasche di olio di cocco. L’olio di cocco è politicamente corretto. Politicamente. Corretto. Come fosse possibile qualcosa di.

La moglie dorme nel letto matrimoniale senza il marito. Il marito non dorme. Niente cuccia. Per fortuna non ha figli. La moglie è un incidente di percorso. Incidente, ne è pieno il mondo. Di percorso, come quello che fa tutte le mattine per andare al lavoro. La sua casa dista due isolati dalla banca dove trascorre la maggior parte dell’ore grigie della sua esistenza.

«Dormire, svegliarsi,
dormire ancora, svegliarsi.»

Le altre ore grigie sono il resto del tempo. Bianche quando affonda le dita nella carne di Melissa. Melissa non vuole, e questo lo eccita. Nessuno avrebbe il coraggio di respingere uno come lui. Le ore bianche sono come la manna, e la cocaina. L’uomo senza occhiali adora il bianco, anche se la sua anima è nera. Ogni tanto la sbircia con la coda dell’occhio: una melma putrida e oscura, immobile in un silenzio che grida. Quel vuoto è saturo, tanto che appena ci spinge un poco dentro la faccia sente immediata la necessità di scappare. Manca aria. Manca tutto.

L’uomo senza occhiali odia il suo vuoto e il suo odio nutre il suo vuoto. Lo odia così tanto che finisce per soffocarlo con la purezza altrui e finisce per soffocare la purezza altrui. Così tutto è pari. Tranne lui. Mai pari. Mai al passo. Neppure quando percorre il marciapiede pisciato dai cani che lo condurrà al lavoro. Attraversa la strada sempre sulle strisce. Stringe il manico duro della cartellina di pelle di bue marrone con le mani curate. Gli piacciono le cose dure. Attraversando la strada schiaccia una piantina che ha vinto l’asfalto. La pianta è ancora viva. Lui è già morto.

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Gioia Conforti nasce a Firenze, dove vive e scrive. Ha pubblicato racconti in antologie (Favole e Fiabe e Racconti Toscani, Historica Edizioni), ha vinto il concorso per il miglior racconto al Giallo Festival 2019, e ulteriori suoi scritti si trovano online. Da quando era piccola ha subito il fascino della scrittura e del potere che questa ha nel condurre l’uomo oltre la realtà.