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grazie

Un racconto di Marco Lazzarotto
Numero di battute: 2484

Ci eravamo fatti una birra al Downpatrick e, mentre io avrei voluto raccontargli di Giulia e dei fatti degli ultimi giorni, Enzo aveva passato tutto il tempo a parlarmi di calciomercato. Poi, in corso Francia, abbiamo sentito le urla dietro di noi.
Siamo partiti di corsa, tanto è bastato a convincere gli scippatori a fuggire.
«State bene?» ho chiesto con il fiatone. «Vi hanno portato via qualcosa?»
«Per fortuna no» ha detto una delle due ragazze. «Siete arrivati in tempo, grazie davvero.»
«Grazie» ha ribadito l’altra, controllando lo stato della borsa di pelle.
Meno male, ho pensato, era finita lì, era stato facile.
Le ragazze scrutavano per terra, alla ricerca di qualcosa caduto durante la colluttazione. Erano giovani e belle, non più di un metro e sessanta e capelli lunghi scuri.

«Se volete» ho detto, «possiamo scortarvi fino a casa.»
Si sono scambiate un'occhiata, poi si sono sciolte in sorrisi sorpresi.
«Davvero? Se potete... abitiamo qui vicino.»

«Te lo racconto un’altra volta.»

Si sono fermate davanti a un palazzo anni Sessanta con un atrio vetrato pieno di piante.
«Papà ti ha dato le chiavi?»
«No. Ha detto di suonare.»
«Grazie ancora. Non sappiamo proprio come sdebitarci.»
«Era il minimo che potessimo fare» ho detto. Anzi, grazie a voi, volevo aggiungere, grazie.
Era andato tutto bene. Poi è intervenuto Enzo.
«Che ne direste di un pompino?»
La ragazza con la borsa di pelle ha urlato, se l’è stretta a sé, mentre l’altra s’è buttata sul citofono. «Papà apri! Apri papà!» Si sono fiondate dentro, lanciandoci un ultimo sguardo pieno di terrore prima di scomparire.

Sono rimasto a fissare le foglie che si agitavano al di là dei vetri.
«Certo che la gente non ha più ironia» ha detto Enzo ridacchiando. «Non la finivano di ringraziare.»
«Forse perché le stavano scippando?»
In silenzio siamo tornati nel punto in cui avevamo sentito le urla.
«Sei proprio un coglione» gli ho detto. «Hai rovinato tutto.»
«Tutto cosa? Dài che un pompino te lo saresti fatto fare. Erano due belle topine.»
«Piantala.»
Finalmente il suo tono è diventato più serio: «Scusa, non ti ho chiesto niente di Giulia». Mi ha posato una mano sulla spalla. «Che hai combinato?»
«Te lo racconto un’altra volta.» Mi sono divincolato e gli ho fatto un cenno di saluto.

Arrivato sotto casa, ho alzato lo sguardo verso le nostre finestre, dove non passava neanche il più timido bagliore di una luce accesa. Evidentemente, Giulia aveva deciso di non tornare. Non ancora.
«Che coglione» ho detto mentre tiravo fuori le chiavi dalla tasca. «Che coglione.»

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Marco Lazzarotto (1979) è nato a Torino. Ha pubblicato i romanzi Le mie cose (Instar 2008, finalista al primo Arturo Bandini Opera Prima) e Il ministero della Bellezza (Indiana 2013). Suoi racconti sono usciti su Delos Science Fiction, ’tina, Effe e Colla.